CERCARE SEMPRE, SEMPRE, SEMPRE I COLORI
A volte la vedo di spalle, seduta alla scrivania, con i capelli sciolti e il maglione celeste, intenta a scrivere su uno dei tanti diari, immersa nel suo mondo di parole e prime scoperte, da raccontare a se stessa fermando tutto sulla pagina. Intorno a lei, i libri, scolastici e non, i poster alle pareti attaccati con le puntine o lo scotch, quasi mai dritti, i peluche e le bambole sull’armadio, le scatole di puzzle una sull’altra, sulle mensole, vicino alle cornici con le foto e alle scatole piene di oggetti, lettere, giochi e ricordi, perchè lecosecheabbiamoamato devono restare con noi, a portata di mano.
Altre volte la vedo affacciarsi in cucina, sbirciando dal vetro della porta scorrevole, con le narici aperte a capire cosa bolle in pentola e con la voglia di apparecchiare, perchè è bello dedicarsi alla preparazione di un momento che piace, mentre lo si aspetta. Altre volte ancora, la vedo sul divano bianco, in mezzo ai cuscini, tutta spostata nell’angolo, oppure in piedi alla finestra del salotto che dà sulla strada, a vedere se ci sono gatti in giro e a guardare nelle case di fronte.
La vedo, quella ragazzina con i jeans chiari e le Superga, i bermuda scozzesi e gli Arena verde mela per fare ginnastica, con le sue penne profumate e gli occhi grandi che sognano tutto quello che ancora non si sa e non si può neanche immaginare, con la sua timidezza, quella sottile paura di lanciarsi che l’accompagna (da) sempre e la collezione di desideri espressi puntualmente ogni notte di San Lorenzo, il 10 agosto.
La vedo e mi rivedo. Oggi mi ri-avvicino a lei, entro nella stanza, la raggiungo sul letto. Le sono accanto e le sorrido, prima di tutto. La fisso con dolcezza. E la rassicuro, subito: sarà più forte di come pensa.
La sua barchetta di carta fatta con gli origami attraverserà parecchie tempeste, le onde saranno alte, si ballerà tanto e sembrerà davvero di finire in mare, ma ci riuscirà ad arrivare salva alla sua isola. A domare quel vento. Accadrà una, due, tre volte, anche senza preavviso. Ma ce la farà, sempre. E da ogni tempesta imparerà qualcosa in più: su come proteggersi, su come schivare, su come e a chi chiedere aiuto, su come resistere, su cosa sperare, su come reagire, su come crescere, su come navigare meglio ad ogni nuovo viaggio, su chi invitare a bordo.
E mentre mi ascolta curiosa, le dico poi di voler bene e amare perchè è quella l’unica vera fonte di calore, ma prima volendosi bene lei e amandosi lei, come regola numero 1, in ogni fase di vita, per accogliere gli altri per scelta e non per bisogno.
Le dico di non scoraggiarsi, che nei campi ci sono tante erbacce e c’è tanta ortica che può pungere, ma quello che bisogna trovare sono i rari(ssimi) quadrifogli. E che quasi nulla sarà facile, ma la fatica è proporzionata alla gioia di farcela e la luce più intensa arriva solo alla fine del tunnel, se si ha il coraggio di attraversarlo tutto.
E che migliorarsi ed evolversi non solo è necessario, ma è anche divertente, come si costruisse una casa con i Lego, incastro dopo incastro, contenti di vedere come prende forma e come si può arredare. Sentendoci gli architetti di noi stessi.
E adesso l’abbraccio, quella ragazzina, come non facevo da tanto tempo. Ritrovo lei e ritrovo me. E come ultimo consiglio, le dico di cercare sempre, sempre, sempre i colori. Ovunque, più che si può. Cercarli, miscelarli, interiorizzarli, regalarli.
Crearli, valorizzarli, stringerli e… mangiarli. Perchè sono leggeri e hanno un buon sapore. E sui fogli bianchi che la vita ci pone spesso davanti, perchè c’è sempre un romanzo da iniziare o completare, spiccano e stanno benissimo.
“COUS COUS” TRICOLORE CON RICOTTA SALATA E LIMONE
(con cavolfiore viola, cavolfiore bianco e broccolo)
Un cavolfiore viola
Un cavolfiore bianco
Un broccolo
Ricotta salata (a piacere)
Un limone
Cavolo nero (solo le foglie più piccole e tenere; facoltativo)
Olio extra vergine di oliva
Sale
Lavate bene i cavolfiori e il broccolo. Asciugateli bene con la carta assorbente e mondateli, prendendo solo le cimette.
Grattugiate tutte le cimette, mettete il “cous cous” in un piatto, conditelo con un po’ di succo di limone, olio e sale. Mescolate, per amalgamare e distribuire bene ingredienti e colori.
Unite la ricotta salata a pezzettini o a scagliette, insieme alla scorza del limone (potete aggiungere anche frutta secca, come mandorle o pinoli).
Se volete, potete tritare sottilmente anche il cavolo nero oppure potete metterlo accanto al “cous cous”, nel piatto.
*non vedevo l’ora di grattugiare il cavolfiore viola da quando ho visto il tabbouleh di Virginia!
48 Comments
Sabri
5 Marzo 2017 at 20:21
Il tuo mondo così colorato mi affascina tantissimo , da quando ho imparato a incontrarti ogni domenica sera . E quasi quasi in quei colori e in quei racconti spassionati mi ci rivedo anche io . I sogni , le speranze , le perdite , i viaggi , le dolci notti abbracciate ad un cuscino simbolo di morbidi abbracci . Ascoltare e ascoltarsi , cambiare e ricordarci . Incontrarsi nei pensieri e nei ricordi . Sei un mondo fantastico Franci , un mondo fatto di dolci profumi , prati di lavanda , calde brioche e un caffè caldo nel buongiorno del mattino . Mi piace scriverti quello che sento dopo aver letto le tue riflessioni , le tue immagini i tuoi colori . Quando puoi abbracciare i tuoi ricordi e ciò che sei stata , quando l’amore per te e in te ti rende così libera allora si , che meraviglia . Che meraviglia tu !
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 0:06
Sabri, quando ti leggo mi sembra che tu faccia parte di questo blog da tanto tempo e non solo da pochi mesi… perchè hai colto già tantissimo e ogni volta dimostri di “sentire” proprio le mie parole, quindi me! Resta un mistero bellissimo l’alchimia che nasce tra alcune persone, io non voglio svelarlo, voglio solo godermi il piacere di incontrare persone sensibili e profonde, con cui c’è uno scambio grande anche solo dentro un commento… anche questo fa parte del viaggio ed è il suo bello, trovare nuove mani da stringere mentre si scopre passo passo quanto sia vitale la libertà interiore… ti mette un po’ le ali e spinge la barchetta… e più ci si vuol bene, più si tiene la rotta… nel diario di bordo c’è scritto anche questo! 🙂
Anna
5 Marzo 2017 at 20:27
C’era un post che ho regalato alle mie amiche…
Poi c’è questo, che regalerò a mia figlia… Lo trascriverò su di un foglio (colorato) arrotolato su se stesso, perché trattenga meglio le tue parole, e lo legherò stretto stretto con un nastrino (colorato)…
E, tutte le volte che vorrà volersi bene, dovrà solo sciogliere il fiocchetto e leggere tutto d’un fiato.
Vi troverà tutte quelle cose che vorrei dirle io, ora che sta spiccando il volo, ora che vorrei capisse quanto bello sarà comunque il suo viaggio, anche se talvolta sarà circondata da onde alte e tumultuose…
Vi scorgerà il coraggio e l’importanza di chiedere aiuto, l’invito ad incastrare pezzi di sé per costruire la propria vita, il consiglio ad amarsi per poter amare…
Si sentirà abbracciata, e proverà a scrivere il romanzo della sua vita, colorandolo con le qualità che si trova tra le mani… E sarà più forte di come pensa.
Che bel post Francesca, per le ragazzine che siamo state, per le ragazzine che ancora vivono in noi… E che nel cuore conservano ancora l’illusione di riempire diari con i quadrifogli…
Buona settimana, cara, come sempre le tue parole mi hanno regalato emozioni!
Anna
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 0:32
Anna, pensare che questo post arrivi a tua figlia mi fa molto effetto, sai? Quanti anni ha, se posso chiederlo? Tu le darai tantissimi consigli per avere le mani salde sul timone, saprai indirizzarla, guidarla e sostenerla… e solo chi ha attraversato tempeste conosce la meraviglia dell’arcobaleno e sa raccontare come se ne esce… le pagine del romanzo si riempiono anche così…
Io ho lasciato un po’ sola la ragazzina di quei tempi, ma è bello ri-parlarle da donna, con una tenerezza ritrovata… tanto del nostro modo di amare e di rapportarsi agli altri affonda lì le radici, spesso ce ne dimentichiamo ma il passato, se affrontato e guardato in faccia, rende poi più libero il presente…
Contenta di averti emozionata, quando finisco un post ormai penso sempre al momento in cui leggerai… 🙂
Anna
6 Marzo 2017 at 17:44
Ha 19 anni, la mia “bambina”…
E la sua scrivania è tutta un’accozzaglia, un campo di battaglia, una torre pendente di libri, un tappeto di fogli scarabocchiati… e un deposito di matite sgranocchiate come fossero friabili grissini!
Così è anche, in un certo qual modo, la sua vita: un incastro, che ha del miracoloso, di lezioni ed esami in università, lavoretti per arrotondare le entrate, corso di tedesco perché lovva la Germania, volontariato con i piccoli e gli ultimi…
Poi la osservo mentre si guarda allo specchio e non si vede bella, sento e percepisco le sue paure e insicurezze, e temo per la fiducia incondizionata che ripone negli altri… Vorrei non restasse delusa, e so che imparerà con il tempo a proteggersi.
La sua vivace e curiosa intelligenza le fornirà le ali per i suoi sogni.
Certo, se anche apparecchiasse la tavola, come la te ragazzina, sarebbe (quasi) perfetta… ma non si può chiedere troppo alla vita!
…Pensaci, Francesca, a scrivere un libro: e non solo nella notte di San Lorenzo!
Pensaci ogni volta che guardi le stelle, ogni volta che giochi con i colori, ogni volta che avrai dinnanzi a te un foglio bianco…
Un abbraccio!
Anna
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 20:29
E’ la prima volta che ti sento parlare da mamma… ed è bello, capisco anche perchè mi sia legata a te, perchè ci parliamo da donne adulte senza dubbio, ma ci vedo anche una complicità un po’ materna, tenera… tua figlia spiccherà il volo, si sta formando anche all’estero, acquisterà fiducia in se stessa pian piano, imparerà a vedersi bella e a far pace con quello specchio che tanti problemi, a volte, crea inutilmente…
Sorrido per il libro, alcuni sogni si tengono più in caldo di altri…
Silvia
5 Marzo 2017 at 21:21
Mentre ti leggevo, in realtà, chissà perché, pensavo un po’ anche alla mia io del passato. In comune quella timidezza che non se n’è mai andata, ma con cui abbiamo fatto pace e imparato ad apprezzare, e le penne colorate e profumate con cui scrivevo tutti quei pensieri sulle pagine dei diari. Mi hai trasmesso un’infinita dolcezza questa sera, anche io vorrei rassicurare la ragazzina che ero, dirle che le cose non sono andate poi così male, ma più di ogni altra cosa voglio dire alla mia io di oggi, che i colori ce li deve mettere lei, anche quando è un po’ grigio e piove. Posso confessarti che non amo per niente i broccoli? Ma non fa niente, è un piatto bellissimo e colorato, delicato e forte al contempo! E stasera mi portato un po’ di colore anche qui da me, che ce n’è tanto bisogno!
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 0:41
Sono convinta che ci portiamo dietro e dentro tante cose di quella fase di vita, anche senza rendercene conto… quella ragazzina vive in noi, magari in silenzio, ma c’è… a volte si sveglia, o bussa per farsi sentire ed è allora che va ri-considerata e ascoltata, perchè è vero che noi possiamo darle consigli sulla base dell’esperienza, ma è altrettanto vero che anche lei ha qualcosa da insegnarci o ricordarci, per vivere meglio oggi…
I bambini di solito non amano i broccoli, ecco una parte della Silvia piccola che hai mantenuto, ahaha! Non saprei dirti con cosa sostituirli, ma puoi fare un vero classico cous cous e ci metti i colori delle verdure che preferisci! 🙂
Alice
6 Marzo 2017 at 0:16
Nella tua descrizione così accurata e vivida mi è sembrato di vedere me stessa, quella di tanti anni fa, esattamente come ti sei dipinta tu. E anche io mi son consolata, ora che sono adulta, e rassicurata, e provo immensa tenerezza per quella che ero. Parole bellissime che condivido in tutto e per tutto. E i tuoi colori vorrei sempre portarli con me. Un abbraccio.
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 0:47
E’ un bel percorso, Alice, quello dentro noi stesse… non sempre semplice o indolore, ma sicuramente molto prezioso, un viaggio nel tempo da cui si torna poi arricchite e più “piene”, con nuove consapevolezze, strumenti e difese in più! Guardarci con tenerezza, sorriderci, accettarci e amarci è la ricetta per non perderli mai, quei colori… 🙂
Grazie, un abbraccio a te!
Emanuela
6 Marzo 2017 at 7:52
Ciao gattina mia….
GRAZIE per AVERMI SCRITTO queste PAROLE ….
GRAZIE perché le (R)ACCOLGO ORA, nel presente, in questo mio NUOVO, DIFFICILE, FATICOSO ed IN SALITA presente….
Le (R)ACCOLGO come raccolgo le MIE ADORATE “ERBACCE” e la MIA AMATA ORTICA, che una volta lavata e curata è così docile e dolce …. Le (R)ACCOLGO con cura, una ad una, come faccio con le MIE MELINE SELVATICHE e me le tengo tutte… anche quelle brutte ed imperfette, piccole magari un poco asciutte, ma buonissime….
“Grazie perché mi hai fatto sentire che posso anch’io volare senza (e con aggiungo io) di te ….
Con te ogni volta è la prima volta; non ho paura vicino a te ….
Grazie perché tendo la mano e trovo la tua ….
Grazie perché tendo la mano …. e tu ci sei …
Grazie perché non siamo soli …. e NON SONO SOLA”
Non mi ci fai sentire … sola …
Non mi ci fai sentire … diversa …
Ma … mi MI FA SENTIRE … ME.
Io mi accorgo spesso, sai, di come e quanto NON MI SIA PROTETTA, anche da me stessa oltre che dal resto del mondo e di come e quanto NON MI SIA AMATA, pensando di dover mettere prima gli altri e poi me, credendo fosse giusto così.
Ora, ME LO SENTO addosso (proprio come un mantello di velluto pesante, che scalda ma APPESANTISCE, RALLENTA ed IMPEDISCE) tutto quell’amore dato e proteso verso gli altri e mai verso di me … Lo percepisco nella mia LENTEZZA a MUOVERMI, nella mia FACILITA’ a STANCARMI anche solo per fare una passeggiata più lunga, nella mia SCARSA RESISTENZA ad una bellissima giornata passata in cucina a sfornare pane o crostate…o anche solo nel mio BISOGNO ELEVATO DI DORMIRE …. Molto spesso la mia consapevolezza mi porta un velo di sconforto enorme, poi sposto un po’ il velo (come la tua tendina della finestra che da sulla strada 😉 ) e cerco di guardare un po’ più in là, di andare OLTRE e scorgere le piccole violette che stanno spuntando ai bordi della strada sterrata che sale dietro casa mia (che percorro piano, pianissimo perché altrimenti la schiena non regge e mi fa un male boia), o le giunchiglie, i primi fiori rosa dei meli, i bianchi dei susini, ed allora mi dico “dai, cucciola… lo so, è difficilissimo, è dolorosissimo, ma DAI PICCOLA MIA CE LA PUOI FARE, troverai piccole cose che riuscirai a fare anche tu…”
“Niente sforzi da fare, niente salti, niente pesi da sollevare o spostare, stai attenta a non cadere, se inciampi cerca di cadere con le braccia avanti, almeno rompi un polso, sempre meglio del femore o di una vertebra, cerca delle scarpe alla sanitaria che ti aiutino un po’ a sollevare la schiena, cammina almeno mezz’ora al giorno sempre (non troppo però!), muoviti lentamente….” sembrano le regole per mia nonna ed invece sono le mie accortezze, è il mio decalogo per il buon mantenimento e la preservazione di … “QUELLO CHE RESTA DI ME”….
Ma li cerco, quei colori, nei fili dei miei ricami, nelle insalate di radicchio e rucola .. (ieri sera l’ho preparata con ricotta di bufala stagionata e pinoli… manco fossi passata prima di qua.. 😉 ), nel giallo ambrato del miele, nell’arancio di una buona marmellata, nel bianco di un formaggio, nel blu-argento di uno sgombro o di un’alicetta, nel ramato di una triglia…nei mille e mila colori delle mie meline…. ooooohhh se li cerco….
Sai che io il cavolfiore crudo non lo digerisco molto…. cioè tutte le crucifere anche il normalissimo cavolo cappuccio, se lo preparo in insalata mi da fastidio… però proverò a farla lo stesso, fosse anche solo per i colori… 😉 (qui non credo trovo il cavolo viola…purtroppo.. ma già bianco e verde .. mi piace; il mio è un paesino piccolo ed anche i supermercati che ci sono non sono così forniti di verdure.. hanno le classiche.. non ci sta nemmeno il cavolo nero, per dire!) ….
Grazie, tantissimo….
Manu.
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 20:37
Manu, anche questo commento lo devi copiare… prendi un file, mettici dentro le tue parole, raccogli i sassolini più belli durante il cammino e conserva tutto, perchè un domani, a rileggerti, coi passi avanti fatti, proverai orgoglio e soddisfazione! Sì, vedrai quanto stai lottando e quanto conta ogni movimento, non importa se da lumachina o da gazzella, il ritmo è secondario… ti sento attiva, vedo la voglia che hai di costruire te stessa, stai già “lavorando” tanto per la tua casetta di Lego, puoi farla anche di mele o di biscotti, scegli l’ingrediente che preferisci, mettiti il cappello da muratore e dai, dai, infila mattoncini uno dietro l’altro… non mollare, momenti più difficili ci saranno sempre, sono le tempeste di cui parlo nel post, ma vedi, il timone si tiene in mano, l’isola non si sposta e aspetta… come la vita, come canta la Mannoia, “che se cadi ti aspetta”… ricordatelo, hai il tempo e la forza nelle tue mani… e magari un giorno stringerai anche un cavolfiore viola, mai dire mai! E intanto, verde e bianco donano tanta luce… 🙂
Ely
6 Marzo 2017 at 12:51
Che bello ritrovarsi e riabbracciarsi… Che bello poter(SI) infondere fiducia e coraggio, che bello poter(SI) dare dei consigli e delle speranze, rivederSI e sapere che ogni cosa si può fare a tempo debito…
Un cous cous coloratissimo e delicato, semplice ma complesso perchè non tutti i colori stanno bene insieme, bisogna creare armonia e bellezza e tu ci sei riuscita, un abbraccio e buona settimana!
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 20:43
Ely, è bello, sì… avere un confronto diretto e senza paura con il passato, ritrovare parti di noi che avevamo lasciato indietro o messo a tacere, fare tutto un lavoro su se stessi per rimettere insieme i pezzi, come quei puzzle che io mi divertivo tanto a fare! Forse è per quello che non mi spaventa costruirMI.. e quando si incastrano man mano i pezzi e tutto va al suo posto, quanta gioia! 🙂
Tatiana
6 Marzo 2017 at 14:55
Leggere di te ragazzina mi riporta alla mia cameretta bianca e luminosa, di me con i poster sulla parete sopra il letto, dei dischi in vinile collezionati religiosamente (e che ancora stazionano in casa mia), dei miei sogni persi tra le pagine di un libro, anche delle infinite frustrazioni perché ero costantemente stracontrollata e compressa da una famiglia ansiosa e iperprotettiva che mi ha sempre tarpato le ali (e che ci prova ancora oggi…). Ecco, io direi alla me di allora le stesse cose che tu hai esternato così chiaramente: di non lasciare andare i sogni, i colori e la voglia di vivere… è quello che ogni giorno ripeto fino allo sfinimento a mio figlio, perché possa avere più chances di quelle che sono state date a me, perché possa decidere da solo, avere un orizzonte lontano da fissare, uno skyline di possibilità che non lo induca a scegliere l’unica possibile, perché abbia un’infinità di sfumature davanti e non solo il “grigio topo” (!!) che ho avuto io. E davanti a me ora vedo sempre e solo colori, pur nelle difficoltà, nei guai fino al collo, ma mai più mi farò condizionare dalla negatività (sapessi le parolone – e i “vaff…” – che volano quando c’è ancora chi ci prova con insistenza e la ferma convinzione di farcela a rovinarmi le giornate)!
Prendo a piene mani questo post pieno di positività e lo faccio tutto mio… oggi ti lascio però il cavolo, ho una voglia pazza di insalatine estive e basta (mi sa di aver esagerato con i cavoli quest’anno, non posso nemmeno più vederli sui banchi del supermercato), che dici… ne porto una ciotola?
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 20:51
Sai che ti ammiro, perchè ti sei conquistata con fatica quello che hai e che ora difendi… e crescendo questo impariamo: nessuno, ma proprio nessuno, deve portarci via pezzi di cielo e di libertà, arriva un momento in cui capiamo quanto sia importante vivere in modo consapevole, rivendicando ciò che ci spetta, senza tutti quei paletti o sensi di colpa molto spesso imposti… noi, le piccole cose, la serenità, le passioni, i ritagli di tempo preziosi, le pause… tutto va preservato! E non vuol dire non dedicarsi agli altri, a compagni, figli o famiglia, significa solo non perdere di vista noi stesse, non metterci da parte, non reprimere i nostri desideri… quante battaglie in questo viaggio di scoperta e maturazione, ma le cose impegnative noi non le evitiamo… anzi, ci stimolano, no? 😉
Va bene, niente broccoli per te… anche se mangiati crudi, sotto forma di polvere magica, hanno tutto un altro perchè! 🙂
Tatiana
7 Marzo 2017 at 11:40
Dici??? Provo a mangiarli crudi e supermagici? Ma qui trovo solo i broccoli verdi…. e i colori come faccio a vederli? Però mi fido e assaggio dai…ancora un cavoletto non mi farà malissimo… 😉
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 0:39
Non trovi neanche il cavolfiore bianco, classico? Lui si grattugia facilmente, il broccolo è più delicato ma come vedi ci si riesce, devi solo stare attenta a non “sfranticarlo” troppo! E usa solo le cimette, ossia le parti tenere, niente gambi… 🙂
Tatiana
8 Marzo 2017 at 14:59
Quello sì, ma quel violetto mi attirava tanto…uff…è quello che non trovo!
Virginia
6 Marzo 2017 at 16:16
Il tuo modo di descrivere mi arriva dritto agli occhi e leggere un tuo post è come guardare delle istantanee. Hai un dono speciale e ogni volta è un piacere immergersi tra i colori e le forme che ci descrivi 🙂
Tante volte anche io torno indietro nel tempo e mi ritrovo a sorridere per la tenerezza dei pensieri di allora, per le paure che sembravano così grandi, per la timidezza mai abbandonata e per l’ingenuità che a volte mi accompagna anche oggi, in questo mondo a tratti colorato e a tratti buio. Sarebbe stato bello sentire una me più grande sussurrarmi all’orecchio questi consigli e probabilmente ne avrei fatto tesoro, schivando qualche errore come fosse una pozzanghera.
Sai che io sono un po’ streghetta e dentro di me sentivo che prima della fine dell’inverno avrei visto qui da te il cavolo crudo 😉 Mi hai fatto una bellissima sorpresa e questo piatto dimostra che anche i periodi più bui come l’inverno possono regalare dei colori così belli e freschi!
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 20:59
Virginia, ti aspettavo! Ero davvero curiosa di assaggiare il cavolfiore crudo, con questa consistenza… mi piace l’idea della trasformazione, di come possa diventare qualcosa di diverso e nuovo dal consueto… sai che sono affascinata da certe cose, nella vita e in cucina! E devo dire che il cous cous non è stato indigesto, il sapore è delicato e prima che finisca l’inverno un po’ di neve sottile ricadrà nel piatto! 🙂
Dopo ogni periodo buio, spunta il sole… e proprio perchè mancava, ce lo godiamo di più! Tra qualche anno anche tu tornerai nella stanzetta dell’infanzia, parlerai alla ragazzina che eri e sarà un bel confronto… avrai tante ricette da condividere e ricorda, senza errori e senza tempeste saremmo persone molto più fragili e “povere” d’animo, perchè la forza e la tempra – e la consapevolezza – vengono da lì… un abbraccio e al prossimo broccolo! 🙂
Marina
6 Marzo 2017 at 16:49
Una carezza a lei e un abbraccio a te.
La vita ha tanti colori e infinite sfumature è questo il bello, vero? Un po’ come il tuo cous cous!
Francesca P.
6 Marzo 2017 at 21:04
Mi prendo l’abbraccio e trasmetto la carezza con piacere… 😉 Sì, colori e sfumature sono infiniti, come le combinazioni e gli incastri… e le possibilità. La voglia di giocare, dipingere, sperimentare e osare non mi manca, come sai… speriamo di avere un bel finale di romanzo! 🙂
Alice
6 Marzo 2017 at 20:59
I nostri percorsi di vita ci hanno portato ad essere chi siamo, siamo cadute, ci siamo fatte male, ma ci siamo rialzate. Ci hanno deluso, ma abbiamo imparato a selezionare, a capire di chi fidarsi e da chi stare lontani. La cosa più difficile per me è vivere questo periodo in cui la ventenne è mia figlia, in cui vedo lei sull’altalena e le vorrei dire …attenta che cadi e ti fai male. E invece devo stare zitta, perché deve VIVERE, perché solo vita produce vita, però anche se non con le tue medesime parole anche io le ho insegnato a cercare sempre i colori, perchè dopo la tempesta esce sempre l’arcobaleno! E a proposito di mia figlia, lei adora il cous cous e amerebbe questa tua proposta così allegra e colorata!
baci
Alice
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 0:37
Se non ci fossero le delusioni e le tempeste, non ci sarebbero neanche la luce forte e il sole, o non ne godremmo pienamente… e ci conosceremmo anche meno, perchè passare attraverso alcune cose e vivere esperienze è la migliore palestra di vita… o cucina di vita, se vogliamo restare nel nostro mondo di food! 🙂
Quello che hai detto di tua figlia è verissimo… deve vivere e sperimentare ogni colore, tutta la gamma possibile! E quando l’arcobaleno cade anche nel piatto, si può sapere che sapore ha… 🙂
Emanuela
7 Marzo 2017 at 9:40
eccomi che ritorno… scrivo un “commento nuovo” perché altrimenti gli spazietti stretti lo fanno diventare lunghissimo…
quella canzone lo amata da subito, non solo per il testo, ma per lei… Fiorella e la sua interpretazione, così convinta, quasi a dire “dacci dentro”… me la canto spessissimo…
adesso ti confido una cosa (come se non ci sentisse nessuno), mi vergogno un pochino perché …. lo capirai …
anche io mi sono creata la mia casetta “virtuale” che poi tanto virtuale non è…. un luogo in cui scrivo, racconto, blatero …. un posto tutto mio…la mia “stanza tutta per me” … In realtà quello che vorrei fare è parlare delle tante persone che conosco durante le mie scorribande agricole, di come lavorano, quello che fanno… parlare di loro e di rovescio anche di me….
E’ un posto semplice (non è bello anche perché non sono brava con l’attrezzo elettronico) e va migliorato…pian pianino….. non l’ho pubblicizzato infatti perché mi vergogno appunto (non ci sono foto wow, il layout è minimale..) ma se ti va di farci un giretto mi faresti felice .. . 🙂
http://ilditoelalunae.blogspot.it
credo che anche questo sia un piccolo mattoncino lego…no?
un bacio enorme..
Manu
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 0:43
Manu, hai fatto benissimo a dirmi del blog, gli ho dato un’occhiata stasera ma voglio tornarci con calma, arrivo appena posso a leggere tutto meglio! Non devi vergognarti, anzi, è la tua stanzetta delle parole, è il tuo foglio bianco in continuo divenire, è il tavolo intorno a cui ti siedi quando vuoi chiacchierare con le amiche e sì, è un mattoncino importante! Vedo già muretti costruiti, la casa cresce piano ma cresce… eccome se cresce… 🙂
saltandoinpadella
7 Marzo 2017 at 10:42
Quando ripenso a me ragazzina mi vedo così diversa, ma allo stesso tempo sempre la stessa. Mi piacerebbe abbracciare quella ragazzina timida e silenziosa, che raccontava i suoi segreti alla sua dorata gatta, al contempo impaurita ed affascinata dal mondo. Sono sicura che rimarrebbe stupita e anche un po’ incredula di scoprire come sarebbe diventata.
Una cosa però non è cambiata, il suo amore per la natura, per i suoi colori, i suoi profumi, le sue consistenze. E il suo amore per tutta la verdura e la frutta che hanno sempre fatto da padrone nei suoi piatti. Anche allora avrei amato questo piatto, come lo amo ora
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 0:46
Puoi abbracciarla quando vuoi, quella ragazzina… è lì, nella stanza dove l’hai lasciata, tra le sue cose e i suoi pensieri sul futuro… le ragazzine che siamo state aspettano le nostre visite, non vanno via… e se dovessero farlo, dobbiamo rincorrerle e riprenderle, ristabilire il contatto e non lasciarle sole! E tra un consiglio e l’altro, si possono divulgare anche delle ricette! 🙂
E’ vero, tante cose di noi restano dentro… ed è bellissimo, sono le radici emotive, i segni del carattere che non mutano e ci rendono speciali!
Melania
7 Marzo 2017 at 14:58
Solo qualche giorno fa, tornando da un piccolo viaggio appena fatto mi son seduta davanti la scrivania e con carta e penna ho trascritto nero su bianco, ogni sensazione. Tu ti chiederai cosa c’entra questo col tuo post? Ecco, su quei fogli, tra quelle righe c’è la descrizione della “me piccola”
La “me”di un tempo.
Quella timida, impacciata, quella forse troppo silente.
Una “me”spaventata, di se stessa e della vita. Forse perché ne ho passate davvero tante.
La descrizione di quella (questa) me non è affatto casuale, ma data dal risveglio di nuove sensazioni attraverso la visita di alcuni luoghi.
Percorrendoli mi son rivista. Mi sono voltata indietro ed ho scorto un leggero sorriso. Per i passi fatti, ma anche per tutti quelli che vorrò fare. Per essere caduta, perché ne avevo bisogno. Perché mi ha portata dove sono oggi. Con consapevolezze e forze sempre nuove.
E a te è accaduto lo stesso…la parola scritta nell’altro post ti dona sempre di più. “Le nuove consapevolezze” arricchiscono la Francesca che sei oggi.
Su questo bouquet di fiori dico solo che ci sono i colori che più amo e tanta tanta delicatezza.
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 1:00
Quanti viaggi in questo periodo, eh, Melania? Viaggi fisici, viaggi interiori, viaggi con la mente, viaggi nel tempo… il conoscersi e l’evolversi sono tappe di questi viaggi, ogni meta porta novità ma ci ricorda anche il passato, perchè un occhio è avanti e un altro è indietro, come un gioco d’equilibrio tra ciò che siamo e ciò che eravamo… a volte alcuni conti con il passato vanno chiusi, oppure ci sono cose da elaborare per poi ripartire, oppure ancora ci si stacca da qualcosa che non ci appartiene più e si vola libere, verso il presente, senza più pesi! Più si passano tempeste, più cresciamo… e impariamo. Il prezzo da pagare sulla pelle è un po’ caro ma allo stesso modo la nostra persona ci guadagna, in forza! E in consapevolezza, una conquista e un dono lasciato dal viaggio, come una conchiglia lasciata dal mare sulla riva, che aspetta di essere raccolta dalle nostre mani… 🙂
ipasticciditerry
7 Marzo 2017 at 16:09
Leggendoti non posso fare a meno di pensare alla ragazzina che sono stata … in fondo, nel carattere sono sempre io, anche se sono cambiata esteriormente. Sono sempre stata socievole, dinamica, energica … e anche io ho sempre amato tantissimo i colori. La “te” ragazzina mi fa tanta tenerezza, l’hai descritta con dolcezza ma anche con nostalgia. Brava, hai detto bene: cercare sempre sempre sempre i colori … non lasciarsi sopraffare dal grigio della vita, della routine. Lasciarsi andare, guardare oltre … alzare lo sguardo: l’azzurro è sempre sopra di noi … anche quando non lo vediamo. E il viola, il bianco? Stupende le tue foto, piene di luce, di colori … questo cous cous insolito, saporito e variopinto sembra un quadro. Buona settimana dolce Frà, una carezza a chi sai tu
ipasticciditerry
12 Marzo 2017 at 14:41
Per me nemmeno un salutino? 🙁 sigh
Buona domenica Fra
Francesca P.
12 Marzo 2017 at 15:37
Nooo, Terry, ma come è possibile?! Ero convinta di averti risposto, ricordo che avevo fatto un paragone tra l’azzurro del mare e quello del cielo… ma dici che ti ho risposto mentalmente, mentre ti leggevo, ma poi, una volta qui, abbia saltato per sbaglio il commento?! Forse troppi colori mi danno alla testa, ahaha! Ci vorrebbe anche un cavolfiore azzurro, dovremmo inventarlo… perchè se il bianco è la purezza e la luce, se il viola è l’energia e la carica e se il verde è la speranza, l’azzurro è la serenità… che sfugge sempre un po’ e a volte sembra rimasta nel passato, per questo è bene andare a ritroso a ri-prenderne un po’… e sorridere al presente, sapendo come eravamo e come siamo… e pensando a come saremo…
zia consu
7 Marzo 2017 at 21:22
I colori non devono mai mancare nella vita e nemmeno dal piatto! Fanno bene alla salute e soprattutto all’umore ^_^
Adoro il cous cous di cavolfiore e l’ho fatto sempre e solo con quello bianco..questo piatto è gioia x gli occhi ^_^
Buona settimana <3
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 15:49
I colori sono come una seconda pelle, per me! Ed è bello vedere come possiamo combinarli, a seconda dell’umore e delle voglie… nei vestiti, in cucina, dentro di noi e intorno a noi! Adesso la sfida è trovare il cavolfiore giallo/arancione che non ho ancora mai avuto il piacere di vedere a Roma e aggiungerlo alla famiglia! 😀
Margherita
8 Marzo 2017 at 2:29
Una nota stonata in questo e fra questi commenti, si, quella sono io.
I ricordi di me come ero ovviamente ci sono, ma non sono moltissimi e non così nitidi, ho bisogno veramente di tanto silenzio e concentrazione per ritornare a quei momenti lontani . Credo che tutto questo sia il meccanismo che spesso metto in atto per distaccarmi da alcuni fatti non proprio piacevoli, da cui inconsciamente cerco di separarmi per andare avanti e mettere un piede dopo l’altro. Sono fatta così, a modo mio.
Della tuta dell’Arena però ho un ricordo preciso, credo che il mio fosse viola/fucsia, quasi come il tuo cavolo!
Il cus cus di cavolo é un piatto che mi piace tantissimo, ma ci ho sempre e solo messo la feta, alla ricotta salata in effetti non avevo mai pensato, che idea che mi hai dato!
Francesca P.
8 Marzo 2017 at 15:54
Non sei una nota stonata, Marghe, anzi… trovo pertinente ciò che hai scritto! E ti spiego perchè: c’è un legame tra il passato e quello che siamo, la mente lascia indietro alcuni episodi dolorosi ma il ritrovarsi avviene proprio quando ci si ri-avvicina a quel passato per accarezzarlo, per accettarlo, per “leggerlo” meglio e poi metabolizzarlo… la ragazzina che eri è lì, dove la ricordi, aspetta solo che si apra la porta e la donna di oggi vada a salutarla, con tenerezza! E magari ti entrano ancora gli Arena fucsia, ahaha, io ho provato a rinfilarmi quelli verde mela! 🙂
La feta è pronta per la versione estiva, non vedo l’ora di riusarla e respirare aria più calda!
Peanut
8 Marzo 2017 at 12:48
Più che ti leggo e più che mi convinco che abbiamo fatto dei percorsi molto simili. Spesso mi ritrovo a pensare alla me (ancora più) adolescente (di adesso), soprattutto quando ritrovo diari, biglietti con dedica scambiati tra amiche, con la promessa che non ci saremmo separate mai e lo saremmo state per sempre, o biglietti di treni per le prime fughe da casa. Mi riguardo con estrema tenerezza e protezione, e con la -ancora molto spicciola- saggezza di adesso vorrei trovare il modo di dirmi tante cose, dal credere più in me stessa al non avere paura di non farcela, ma se l’avessi saputo già, non fossi caduta e non mi fossi sbucciata le ginocchia, non avessi pianto per tante perdite e tante sconfitte, l’avrei adesso, quella spicciola saggezza?
I colori si hanno in mano fin da piccoli, ma per imparare ad usarli serve anche l’essere usciti dai bordi. Solo così si può cominciare a comporre piatti come fossero dipinti e riempirsi la pancia di tinte leggere. Devo sbrigarmi a fare questo cous cous prima che i broccoli lascino il posto al verde delle zucchine e i cavolfiori alle melanzane bianche, stessi colori, ma disegni completamente diversi ci aspettano…:-)
Un bacione Sister e auguri in stra ritardissimo per il compleanno della Gatta <3
Francesca P.
9 Marzo 2017 at 10:29
Siamo sorelline non a caso, no? 😉 Fai bene a dialogare con la Lucrezia che eri e vedrai quante cose avrai da dirle, ancora di più, tra qualche anno… quando la saggezza non sarà spicciola ma più radicata, quando tante altre esperienze ti avranno disegnato, quando avrai scoperto altre cose importanti di te stessa, perchè tu non sei una che scappa, da come ti percepisco… nella vita ci passi dentro, l’attraversi… e solo così si impara, si cade e ci si rialza, si scrivono nuove pagine del diario e si diventa donne con la D… senza tempeste avremmo meno lividi e cicatrici, ma vuoi mettere la bellezza di qualcosa di vissuto, come quegli oggetti vintage che hanno storie da raccontare e splendono proprio perchè hanno tanti segni e vite? 🙂
Impugnamo i colori, prendiamo tutte le verdure che amiamo e via a creare, liberando l’artista che è in noi! Poi, a quadro finito, nascerà un sorriso a forma di fiore…
Monica
8 Marzo 2017 at 18:40
Che piatto luminoso, che con il suo arcobaleno di colori fa strada tra passato e futuro, ritrovandosi nel presente con tutta la sua forza e bellezza.
E’ bello guardarsi indietro, prendersi per mano, accompagnarsi.
E’ intenso rivedersi, capirsi, abbracciarsi ed accettarsi.
Per poter andare oltre, superare gli ostacoli e comprendere meglio quel che ci aspetta, con una carezza in più sul proprio volto.
E come è delicata quella carezza, così lo è questo cous cous che passa spesso per le porte di casa mia, con il cavolfiore tradizionale e tante verdure. Ma questa versione è affascinante e deliziosa.
Francesca P.
9 Marzo 2017 at 14:06
Bello immaginare un capo dell’arcobaleno nel passato e l’altro capo nel futuro, come un filo steso, nel cui centro, dove brillano i colori, c’è il presente… e noi ci camminiamo sopra, a volte in bilico e altre con passo sicuro… e ogni passo in più, è una carezza, quella carezza sul volto che è giusto farsi, perchè spesso ce la facciamo da sole, con le nostre forze, ad andare avanti… e dobbiamo essere fiere di noi, Monica! Non dobbiamo dimenticarlo, mentre grattugiamo cavolfiori e continuiamo a cercare la luce, che ci guida e ci scalda…
Grazie per il bel commento! 🙂
Simo
10 Marzo 2017 at 7:56
Che bello, sono finalmente riuscita a passare da te, di corsa, solo oggi e ti chiedo scusa amica mia, ma…..ecco, sono piacevolmente colpita da questa meraviglia di colori, che riscaldano il cuore e mettono buonumore!
Se guardo indietro, vedo una ragazza piena di sole, con poco in tasca ma con tanti colori dentro…che ha realizzato alcuni desideri, altri no, ma che comunque ha vissuto, sempre…si sono io!
Ora sono un po’ grigia, purtroppo è un periodo così, ma…confido che presto il sole tornerà e con esso l’arcobaleno! Io ci conto, eh?!
Baci e grazie amica mia
Francesca P.
11 Marzo 2017 at 15:23
Simo, non devi scusarti di nulla! Sai bene che una delle magie dei blog è quella di annullare tempo e distanze, i cibi restano in tavola sempre e se finiscono, riappaiono in un attimo! Poi qui il pieno di colori è costante, se c’è una cosa che troverai sempre, oltre alle mie parole, è quella! 🙂 E vedrai, i tuoi colori interiori vinceranno sul grigio… e semmai gli si affiancano, per ricordargli che esistono e che hanno potere… e l’arcobaleno è solo nascosto dietro le nuvole, non cambia indirizzo ed è pronto a uscire, come quando da ragazzine uscivamo incontro al mondo… 🙂
Anna
10 Marzo 2017 at 9:09
E’ davvero super allegro questo piatto colorato, mette allegria solo a guardarlo, immagino cosa sarà mangiarlo 😀
E’ un po’ bello e un po’ nostalgico riguardarsi indietro e rivedersi bambine, riprovare quelle sensazioni, risentire quei profumi..tempi andati che non torneranno più ma che sono conservati gelosamente in tanti cassettini colorati della nostra memoria..ed è una meraviglia piano piano riaprirli tutti!
Francesca P.
11 Marzo 2017 at 15:40
Si sente “il cronc”, quando si mangiano le verdure crude… ma qui sono come una polvera magica e il cavolfiore assaggiato in questo modo è stata una sorpresa! Da ragazzina non mi piaceva tanto, ma adesso mi sono ricreduta… 🙂
Quei cassetti fanno parte di un mobile antico e prezioso, di quelli di legno, pregiato e resistente… la vita va avanti, ma una parte di come eravamo non si sposta da lì, secondo me…
Claudia
11 Marzo 2017 at 16:39
Sono tanti i colori che mi piacciono qui dentro, mi piacciono in sè e mi piace il modo in cui stanno l’uno con l’altro. Il magenta vivo che spicca sul bianco, e quelle due tonalità di verde, chiaro e scuro, meno protagoniste, ma necessarie, col giallo sole del limone e completare tutto. E poi c’è il colore delle tue parole, sempre ricche di toni decisi quanto di sfumature: lì dentro c’è l’intera tavolozza!
Francesca P.
12 Marzo 2017 at 20:03
Hai visto che ci siamo lette nel pensiero e ci è venuta voglia di cavolo crudo nello stesso momento? 🙂 Dovremmo unire i nostri piatti e rafforzare così i colori, ehehe! Il viola mi incanta… senza non sarebbe lo stesso impatto visivo e se ci pensi, quando si cuoce il cavolfiore viola può cambiare colore, invece questo è il modo per goderne pienamente… ed è anche salutare!
Grazie mille per l’ultima frase… se la penna è un pennello, allora spero di fare proprio quello… e per me stessa…