LA VOCE DEL CAVOLO VIOLA
Mi piace scrivere, comunicare, esternare. Ma anche interiorizzare alcune cose, lasciarle coperte sotto il panno insieme ai lievitati, (trat)tenere qualche segreto, proteggere l’intimità di alcuni pensieri.
Mi piace condividere, aprire la finestra, accogliere. Ma anche vivere i miei momenti, avere a volte la serranda un po’ abbassata, ridefinire spazi come quando si sistemano e si ritagliano i bordi della crostata.
Mi piace riflettere, analizzare, capire. Ma anche mettere l’istinto nel cestino della merenda, ascoltare le mani più che la ragione, fermare la testa e sentire, soltantosentire.
Mi piace spiegare, chiarire, approfondire. Ma anche insaporire il mistero come si fa con la marinatura, non dire ma far intendere in altro modo, usare il linguaggio non verbale, alimentare la curiosità finchè non si resiste a pucciare il dito nella crema.
Mi piace la prontezza, il “tutto e subito” che placa l’urgenza e la sete, il tempismo. Ma anche la saggezza della calma, la sorpresa dell’attesa che fa rumore come quella dentro le uova di Pasqua, l’arrivo della stagione giusta per mangiare occasioni e fragole.
Mi piace parlare, raccontare, non contare le frasi. Ma anche ascoltare, essere lì per l’altra persona, attenta e presente. I monologhi vanno bene a teatro, io sono per lo scambio. Per quello che si dà e si riceve. Per assaggiarsi i piatti a vicenda, per “smezzarsi” le porzioni.
Ascolto il tono, il ritmo e il respiro, quando accelera e dove tentenna. Ascolto l’accento, in che punto cade. Ascolto la risata, le pause e pure gli occhi. E il silenzio, in alcuni casi.
Ascolto sempre anche la voce degli ingredienti, c’è un rapporto molto vivo tra noi: spesso sono loro a indirizzarmi verso una ricetta, a suggerirmi cosa vogliono diventare, a sussurrarmi in un orecchio le proposte più audaci.
Ma non si limitano a questo: mi danno consigli fotografici, mi indicano in quali parti vogliono essere baciati dalla luce e, i più intraprendenti, persino quale set allestire. C’è chi vuole il bianco, chi vuol tornare in campagna, chi cerca il colore, chi crede nella seduzione del nero.
Il cavolo viola aveva le idee ben chiare. Ed è stato un piacere ascoltare quello che aveva da dirmi, con la sua voce sicura, un po’ roca, non comune, affascinante e sensuale.
E’ stata proprio una bella chiacchierata, la nostra. Il tempo è volato… in un batter di foglie.
COUS COUS CON PESTO DI CAVOLO VIOLA, NOCCIOLE, ALBICOCCHE SECCHE E UVETTA CILENA, CON SALSA VERDE VEGETARIANA ALLO ZENZERO
Ingredienti per 2 persone:
140 g di cous cous (o di più o di meno, dipende se lo preparate come antipasto o come primo o per accompagnare un secondo)
Un cavolo viola
Nocciole intere e/o granella di nocciole (a piacere)
Albicocche secche (a piacere)
Uvetta cilena (o l’uvetta che preferite; a piacere)
Prezzemolo (a piacere)
Capperi (a piacere)
Aglio (facoltativo)
Zenzero fresco (a piacere)
Aceto di vino bianco (q.b.)
Olio extra vergine d’oliva
Sale
Iniziate dalla salsa verde: tritate finemente al coltello il prezzemolo lavato e ben asciugato. Tritate anche i capperi e, se volete, l’aglio. Riunite gli ingredienti in un vasetto o in una ciotola. Versate abbondantemente l’olio a filo e l’aceto. Unite lo zenzero grattugiato e mescolate, per amalgamare.
Per il pesto: lavate e mondate il cavolo viola. Tagliatelo a listarelle. In un mixer, mettete le listarelle, le nocciole, le albicocche e l’uvetta. Unite anche un po’ d’olio e un pizzico di sale. Sminuzzate fino a raggiungere la consistenza desiderata.
Cuocete il cous cous, seguendo le istruzioni riportate sulla confezione.
Condite il cous cous con il pesto, mescolando bene e aggiungendo, per completare, la salsa verde.
*La salsa verde è in versione vegetariana perchè non ci sono le acciughe, nè le uova; non è presente neanche il pane, come si usa in alcune versioni tradizionali, essendoci già il cous cous.
33 Comments
Anna
18 Marzo 2018 at 20:07
Mi piace, Francesca, questo post…
Mi piace proprio tanto, per la delicatezza con cui parli di te. Ed è esattamente come ti sei descritta che, in fondo, già apparivi qui…
Sai plasmare parole e silenzi, con le prime che danzano, magicamente, in un tutt’uno con foto e ricette. E i silenzi… sì, di quelli sicuramente ti riempi il cuore mentre dapprima scrivi il post, e leggi poi i commenti.
Ed è in quei silenzi, che tanto dicono, che trovi poi altre parole, e le rilanci a noi, sempre ponderate e pensate e dedicate…
Che poi, ad ascoltare le parole (forse) son buoni tutti, ad ascoltare i silenzi ci vuole l’allenamento di una vita…
Non sempre è facile, lo so, eppure restare unisce le anime che si vanno cercando…
Saper ascoltare, qualità preziosa, che fiuto subito negli altri, presupposto indispensabile per andare oltre: oltre le distanze…
Casomai non lo sapessi già, la mia matita corre frenetica nel sottolineare le parole, le frasi, le pause, le virgole e i silenzi che questo post mi ha regalato. Tanto da conservare, lo custodisco con cura ad allietare il mio cuore…
Strepitosa la foto di Ulisse accovacciato sulla busta di carta, due assi sullo sfondo ed è subito un trono…
Buona settimana Francesca, un abbraccio grande grande!
Anna
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 0:51
In questi giorni sono andata molto a ritroso, a sistemare alcune cose grafiche dei primi post… e ovviamente, già che c’ero, mi sono messa a rileggere le parole più “antiche”, vedendo nel tempo come ho parlato e raccontato di me, i temi più ricorrenti, la storia nella storia che ho tracciato… e sai che ho pensato, con gioia e anche un pizzico di fierezza? Che esiste un filo bello e coerente tra ciò che scrivevo e ciò che scrivo, lo stile è questo, l’anima è questa… è tutto parte dello stesso percorso… e dello stesso libro. Userai questa volta una matita viola per sottolineare, vero? 🙂 Io l’ho già in mano e non ho dubbi su quale frase prender(ti): “restare unisce le anime che si vanno cercando”… anche dentro ai silenzi…
Conserva il post, conserva tutto quello che vuoi e senti tuo… anche la foto di Ulisse, che come vedi è un angelo custode dal muso buffo e di fiuto è esperto… più sto con lui, più affino anch’io la capacità di capire chi è empatico e aperto verso l’ascolto dell’altro… la mia porta adesso più che mai si apre solo in certi casi e non è casuale che per te non ci sia nessuna chiave… 🙂
zia Consu
18 Marzo 2018 at 20:14
Le tue parole arrivano sempre dritte dritte dove devono andare, quindi direi che quello che ami ti viene anche molto bene ^_^ esattamente come questo pesto! Splendidi i colori ed i profumi che sento anche attraverso lo schermo!
Buona settimana Franci <3 x una volta riesco a sedermi nel tuo bistrot di domenica sera ed è un'emozione unica <3
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 1:05
Consu, bello averti qui oggi! Come ai vecchi tempi, quando arrivavi subito nel tuo tavolo prenotato… 🙂 Contenta di solleticarti con questo pesto, il tuo parere è affidabile dato che il tuo olfatto ora è molto sensibile e quindi, se gradisce… 😉 In mezzo agli ingredienti, forse trovi anche qualche parola che dal post è caduta nella ciotolina… ma è commestibile, puoi mangiarla, ehehe!
Simo
18 Marzo 2018 at 21:00
Che bella che sei amica mia….
E che dire di questo cavolo viola. Mi ha stregata col suo colore misterioso…l’hai impiegato nella maniera migliore, quell’intrigante cous cous mi ha colpita ed affondata!
Un abbraccio stella e buon inizio di settimana
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 1:08
Simo, grazie mille… in effetti non servono selfie (che non amo!) e foto per mostrarmi: ci pensano le parole, ci pensano le foto, ci pensano i piatti che rispecchiano come mi sento e sono… e ti dirò, il lato intrigante e seducente del cavolo viola è proprio la caratteristica che ho preferito! 😉
Sara
18 Marzo 2018 at 23:27
È già diventata una consuetudine, la domenica sera, passare per il bistrot e consumare la tisana della buonanotte insieme a te prima di andare a letto… Leggere ciò che scrivi ha il potere di rilassare la mente e prepararla al sogno… Stasera hai lasciato intravedere un po’ di te come una tenda che vuole nascondere ma invece sfuma i contorni della stanza.. Mi piace la persona che si percepisce, provo una grande empatia e attendo con curiosità la prossima proposta del menù… Buona notte e buona settimana Francesca…ci vediamo di là 🌼🐈🐈🌼
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 1:17
Chi mi segue da tanto, ha imparato a conoscermi, a delineare quei contorni, a capire vari lati di me… il bello delle nuove persone, come te, è iniziare tutto da zero, costruire man mano l’immagine e il rapporto, svelarsi partendo dal presente, da cosa mostro oggi… e sapere di essere letta prima di dormire, come una fiaba serena, è un vero piacere! Amo vedere poi come ognuno percepisce e (mi) legge a modo suo: amando le tende, somigliare a loro mi piace! 😀 E mi piace pure che abbia usato la parola “empatia”, una delle parole più importanti e più preziose, a mio avviso… chi non la possiede, è come se mangiasse senza sentire i sapori…
Chiara
18 Marzo 2018 at 23:43
questo cavolo viola e argento stringe forte le sue foglie come in un abbraccio. Non è facile riuscire a sfogliarlo ma quando si riesce ad arrivare in fondo quasi quasi dispiace un pò, è come aver violato la sua privacy, vero? E’ interessante la tua ricetta, amo il cous cous e questa versione così particolare mi stuzzica….Buona settimana cara, un abbraccio
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 1:24
Sono rimasta conquistata dal colore delle foglie esterne… di cavoli viola al mercato ne ho visti tanti, in questi mesi, ma ammetto di aver preso questo perchè era speciale, diverso dagli altri! Le foglie erano anche belle carnose e “resistenti”, a proteggere bene il cuore, la parte interna… le ho tolte con delicatezza, infatti…
Amo anch’io il cous cous, ma non l’avevo ancora mai vestito di viola… vedi come gli dona? Deve indossarlo più frequentemente! 😉
Grazie, Chiara, a te!
Ipasticciditerry
19 Marzo 2018 at 8:49
Questa volta ci troviamo proprio su tutto. Le parole, preziose amiche come i silenzi. Così come a volte anche i silenzi, possono trasformarsi in parole, da chi sa coglierli. Ma ci vogliono attenzione e sensibilità per farlo. E quella sensibilità la colgo in te, che sai far parlare anche le foto. Sai che adoro il bianco e la luce ma questo cavolo viola voleva il nero. Così da far risaltare il suo colore magico e quell’arancione, con quegli occhioni, come spicca in quella foto, dallo sfondo metà bianco e metà nero? Amo il cous cous ma credo che questa salsa e anche il pesto, ci starebbero benissimo sul mio pane … Ti aspetto da me, porta entrambi, senza cous cous, che proviamo a spalmarceli sopra.
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 19:43
Ci sono silenzi che parlano al posto delle parole o persino di più, vanno solo interpretati, capiti, “decodificati” e ascoltati… anche loro si devono leggere, allo stesso modo di lettere, messaggi, commenti e pagine di vita… col tempo ho imparato ad amarli di più e a temerli di meno, quante volte ci siamo dette che crescere e “diventare grandi” ha i suoi lati positivi! E se mancano le parole, ci può essere altro a compensare, tutto un linguaggio alternativo… quando scatto, in fondo, accade esattamente questo! Non apro la bocca, ma spalanco gli occhi… 🙂 E l’ho fatto anche quando ho trovato sulla mia strada questo cavolo viola bellissimo! Emana fascino da ogni venatura e da ogni sfumatura, è intrigante come la notte e le assi bianche si sono giustamente messe da parte… lo stesso non vale per Tarallino che come vedi è sempre al centro e sta in mezzo proprio come il prezzemolo della salsa verde, ahaha!
Silvia
19 Marzo 2018 at 18:39
Quello che mi piace di te è che tu riesci sempre ad animare le cose, che siano parole, foglie, mani, ingredienti, musica, tu sei in grado di dare una vita propria a ciascuna cosa di cui parli con passione! È straordinario! Così questi ingredienti che si fanno ascoltare, sanno il fatto loro, e accade che un cavolo viola bello ed elegante si scelga un set raffinato. E tu interpreti le volontà sapientemente. C’è sempre uno scambio qui da te, non è mai un fatto solo personale, il tuo raccontare sa scegliere le pause giuste, le virgole, sa quando la lettura deve essere incalzante e quando invece c’è bisogno di più tempo per sentire meglio e questo accade anche nei tuoi commenti. È bello così insomma. Bello come questo piatto dal colore vivace, protagonista, che giustamente è il fulcro della scena! Ma non è solo un cavolo attore ma è anche libro, che si lascia sfogliare fino ad arrivare al cuore! Un abbraccio grande Franci…p.s. Ulisse nel sacchetto è fantastico!! 😅
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 19:53
Silvia, non è la prima volta che mi lasci senza parole, con le tue riflessioni e considerazioni! “Animare le cose”, che cosa meravigliosa… dare voce e anima, dare un cuore pulsante… dare Vita! Mi viene spontaneo, forse perchè quella stessa Vita scorre nelle mie vene in modo caparbio e tenace…
Sono convinta che ogni cosa possa parlarci, o raccontarci una storia, o insegnarci, o farci scoprire lati che non sappiamo, come fosse una vera persona… il cavolo viola può dare lezioni sugli strati messi per difesa e su come proteggere il nucleo fragile ma croccante, quello dove c’è la linfa e dove c’è il colore! Hai usato un verbo che mi piace, “sfogliare”… solo chi lo fa delicatamente, senza rovinare le “pagine”, può assaggiare e godere poi del “dentro”, gustandosi questo pesto agrodolce… 😉
Il nostro scambio è cresciuto nel tempo e proseguirà… tante virgole ci saranno ancora, nei nostri discorsi!
m4ry
19 Marzo 2018 at 19:17
Vabbè…potrei averlo scritto io questo post, ma dove sta la novità? Ma porca miseria, qui ci sono anche cose che ti ho lanciato in uno dei messaggi vocali che ti ho lasciato poco fa! Ahahahah! Sai cosa temo? Che tra un po’ cominceremo anche a leggerci nella mente! Aiuto…allora sì che saranno cazzi 🙂
Mi piaci vestita di nero, mi piacciono i contrasti, questi colori che emergono, spiccano e rubano la scena. Poi, la ricetta è nelle mie corde. Entrambe amiamo le contaminazioni e il dolce che abbraccia il salato. Insomma, siamo state separate alla nascita! 🙂 O quasi…visto che ho qualche anno più di te 🙂 Sono nata prima ma ti aspettavo, ecco. Mettiamola così 🙂 Baciotti amica :*
Francesca P.
19 Marzo 2018 at 20:05
Nessuna novità, amica, ma solo conferme su conferme… dato che il mio cognome ha origini pugliesi, dovremmo davvero fare una ricerca, magari siamo sorelle o parenti per davvero, ahaha! O forse, semplicemente, ci siamo trovate… dopo tanto errare, tanto vagabondare, tanto sbagliare e tanti giri, le nostre anime si sono incontrate e adesso stanno sviscerando tutto quello che abbiamo in comune e ci lega! 🙂 Questa è la prova che è questione di attesa… che non bisogna mai perdere la pazienza nè la speranza, mai demordere… chi è destinato a unirsi, lo fa o lo farà!
Questo set nero, se vuoi, è anche un mio omaggio a te, che sai esaltare questo colore e mi mostri tutta la sua intensità…
Cristina
20 Marzo 2018 at 6:31
Che bella mescolanza di pensieri, idee, suggestioni e speranze sono le donne.. non tutte magari, ma quelle che si incontrano nel tuo bistrot sì, guidate dalla tua mano delicata e attenta: sono donne che amano i contrasti, la condivisione, ma anche la riservatezza, il conoscersi pian piano, da una foto, da una frase, da un racconto.
Che bello questo spazio che hai creato Francesca! Ci vuole cura e pazienza, attenzione e cuore, così nel racconto come nelle foto: bellissimo il set suggerito dal cavolo 🙂
E i tuoi aiutanti pelosi sono perfetti!
A presto :*
Francesca P.
21 Marzo 2018 at 12:34
Quando ho iniziato quest’avventura, non sapevo quale sarebbe stata la vera sorpresa: il piacere di apparecchiare per tante persone e di essere sempre in compagnia, di unire la mia voce a quella altrui, in questo modo… lo scambio umano è stato un regalo, è venuto da sè, da subito… ed è ciò che mi rende più fiera, sai? Nel tempo, il mondo dei blog è cambiato moltissimo – e non in meglio, a mio parere – ma per fortuna c’è ancora chi lo cura “alla vecchia maniera”, chi dà valore ai commenti e al dialogo, chi ama e assicura presenza, chi ci mette il cuore e non la logica “commerciale” e chi innaffia il giardino delle parole… qui, oggi, è rimasto quello che chiamo “lo zoccolo duro”, chi è affine e simile, chi r-esiste da anni e chi, credo, apprezzi veramente ciò che sono e ciò che faccio… e mi piace che arrivi anche il nuovo, quello che si sente a suo agio e in sintonia, così “la famiglia” si allarga ma sempre in modo complice e selezionato… d’altronde siamo gatti, ci avviciniamo solo a chi ci ispira, no? 😉
sandra
20 Marzo 2018 at 11:36
Come sempre Francesca, nei tuoi post si trova la poesia.
nelle parole, nelle foto, nelle ricette.
piace tanto anche a me fotografare gli ingredienti, quelli che parlano e sussurrano, e urlano per farsi fare un ritratto….. troppo bella la fotografia, troppo bella te
Francesca P.
21 Marzo 2018 at 12:37
Come sempre, Sandra, ti ringrazio. Per tenere la mano, per venirmi a trovare, per leggere bene… e non solo con gli occhi. So cosa la fotografia significhi anche per te e quanto sia potente il suo linguaggio, abbinato al nostro… tante altre conversazioni intense ci aspettano, questa la bella certezza! 🙂
saltandoinpadella
20 Marzo 2018 at 13:59
Si non c’è dubbio. Il cavolo ti ha detto chiaramente che cosa voleva ma tu sei anche stata bravissima a realizzare le sue richieste, che non erano da poco 😉 che dire, sai che amo il tuo “mood bianco” ma questa volta mi hai davvero colpito il cuore. Che foto, quelle del cavolo mi fanno impazzire…ma anche quelle di Tarallino e Ulisse of course 😉 Ulisse che sembra dire “c’è qualcosa che non va? non vedi che mi sto rilassando?” e Tarallino che invece richiedeva la tua attenzione, ovviamente voleva anche lui fare da modello, mica solo il cavolo!!!
Si hai ragione, questa salsina starebbe benissimo su un paio di quelle fette biscottate. Ma devo dire che mi piace molto anche l’abbinamento a questo cous cous. I colori poi sembrano risplendere, esaltati ognuno dall’altro
Francesca P.
21 Marzo 2018 at 12:44
In ogni scambio positivo, si parla sempre in due, ognuno con il suo spazio… il dialogo tra me e il cavolo è stato reciproco, ci siamo guardati nelle foglie degli occhi (!) e ci siamo raccontati, a turno, in un botta e risposta che è durato parecchio, un bel po’ di cose! Amo le chiacchierate “piene”, quelle che poi ci fanno sentire “sazie”, come dopo una mangiata piacevole… si sprigiona proprio una sensazione di benessere, hai notato? 🙂
Ogni tanto lascio sotto al divano le assi bianche, ma non è mai un tradimento… è solo voglia di cambiare, di ascoltare anche voci diverse, di cimentarsi con sfide nuove e di vivere la luce sotto un altro punto di vista… devo dire che i set scuri sono anche più esigenti, c’è un lavoro più impegnativo sia al momento dello scatto, sia nella post produzione… ma questo mi diverte, ci gioco come un gatto che deve rincorrere qualcosa che gli sfugge! 🙂
Grazie del bel commento, Elena… porta le fette biscottate e si colorano di viola!
Emanuela Lupi
20 Marzo 2018 at 15:26
Silenziosa(mente) vesto, di questa gonna viola meravigliosa, larga e riccia, comoda come piace a me…che lascia libere le gambe di correre sui prati…
Silenziosa(mente) gioco, a biglie con le nocciole facendole rotolare sul tagliere…
Silenziosa(mente) arrivo, mi siedo, sorseggio tè caldo e leggo, guardo, (ri)leggo, (ri)guardo e poi… intingo il dito nel bicchiere e assaggio il verde intenso e saporito…
Silenziosa(mente) GRAZIE.
manu
Francesca P.
21 Marzo 2018 at 12:49
Oh, Manu, bentrovata! Immagino che in queste settimane in cui non ti ho sentita sia stata a passeggio nel bosco, indossando quella gonna viola che nasconde, tra le pieghe, tutto quello che hai raccolto, strada facendo… dimmi, è un bel bottino? Hai giocato con gli scoiattoli? Sei riuscita a parlare con gli alberi e a farti dire quando arriverà davvero la primavera? 🙂
Silenziosa(mente) si va lontano… spesso le parole non ci sono, ma la presenza sì… e questo, una gatta, lo sa. Se vorrai raccontarmi, mentre il dito immerso nel verde disegna nuovi contorni, io sono qui… anzi noi, come vedi Ulisse è ben comodo sul suo giaciglio di carta! 🙂
Anonimo
20 Marzo 2018 at 17:39
Ogni volta apro il post e poi lo lascio li… non perché non voglia leggerlo, tutt’altro, perché me lo voglio gustare appieno, quindi non dedico 2 minuti ma molto di più. Guardo prima le immagini, poi mi beo dei tuoi gatti, perché si ho questa debolezza, poi con calma mi leggo le parole…. Come si legge un romanzo, e a volte rileggo e torno da capo per gustarmi tutto quello che ci hai messo, e ogni volta scopro qualcosa di nuovo ed è così bello. Bello come questa ricetta, così colorata, con foto un po diverse dal solite, più scure, più avvolgenti ma non per questo meno belle… E mi piaci sempre di più… Un abbraccio grande!
Francesca P.
21 Marzo 2018 at 12:59
Mi piace quando si viene a leggere in più momenti e quando si bussa più volte, perchè si desidera tornare! Anch’io spesso sorseggio con calma il tè durante il pomeriggio, o doso i dolcetti più buoni, per non finirli subito… 🙂 Sono contenta che i post si vivano in diverse fasi… li lascio una settimana intera, da sempre, per questo: si possono gustare con calma, senza fretta, sono lì a decantare, ad aspettare, a farsi trovare o ri-trovare… mi hai scritto delle frasi bellissime, che mi fanno andare in questa direzione ancora più convinta! Come ero convinta quando ho allestito il set scuro, la voce del cavolo non lasciava dubbi o tentennamenti… 😉
(il commento risulta anonimo, ma sei Ely… ho indovinato?!)
Elena
26 Marzo 2018 at 14:41
Ciao Francesca, si hai indovinato e non so perchè non mi abbia riconosciuto mannaggia…. 🙂
Mile
21 Marzo 2018 at 6:52
Saper ascoltare, osservare, parlare al momento giusto sono qualità non così diffuse che apprezzo molto.
Amo la parola e mi piace attardarmi con chi ne fa buon uso. Direi il mio un buon inizio di giornata.
Ah! E il cavolo viola ti ha suggerito degli inusuali e per me tanto entusiasmanti accostamenti. Ciao Francesca!
Francesca P.
21 Marzo 2018 at 13:08
Le apprezzo anche io perchè sono sempre più rare… ma proprio per questo le considero così importanti e le coltivo! Un po’ come fossero piante speciali, che hanno bisogno di particolari cure e attenzioni… 🙂 In questo orto, magari metto anche il cavolo viola, una presenza così bella… sembra un fiore, più che una verdura!
Grazie, Mile, buon proseguimento di giornata… se vuoi altre parole, basta fare “toc toc”! 🙂
Manuela
22 Marzo 2018 at 9:27
Seguiamo il nostro istinto in molti aspetti della vita, ci piace capire, sentire, interiorizzare le cose che accadono. Come te mi faccio guidare dagli ingredienti, lascio che siano loro a spiegarmi la strada, la ricetta, come certe volte le mani sanno spiegare il da farsi meglio delle parole…e a noi piacciono le mani!
Quando ho visto la foto di backstage sono scoppiata a ridere: Ulisse come sempre vince! Mi fa morir dal ridere 🙂
Sai che nella cultura marocchina il viola è il colore della serenità? Ne prendo qualche manciata se non ti spiace, ma il resto ovviamente lo lascio a te 🙂
Francesca P.
22 Marzo 2018 at 15:11
Puoi dirlo forte, Manu… anzi, piano, come piace a noi! A voce bassa e nordica… 😉 Il giusto equilibrio tra istinto e ragione resta sempre la grande sfida, forse la più difficile… ma chi cucina e ama farlo col cuore, conosce misure e dosi e fa continue prove! Aggiungi un pizzico di qua, togli da di là, assaggia, testa, bilancia… 🙂
Gli ingredienti ci parlano e noi ascoltiamo… perchè, per indole, sappiamo ascoltare. Sappiamo dare spazio all’altro… e importanza. Siamo empatiche, è la nostra natura… a volte è anche una croce, come sappiamo bene, ma credo sia soprattutto la nostra forza e la nostra marcia in più… la stessa che ha Ulisse 😉
Non sapevo il valore simbolico del viola, l’ho sempre amato ma adesso pure di più!
Tatiana
23 Marzo 2018 at 9:51
Ah ma qui non potevo mancare, quale paroliera ufficiale 🙂 ! Si discute di comunicazione e in larga parte mi trovo nelle tue righe: io comunico, adoro scrivere e lo sai, parlare di meno però c’è il momento dell’urgenza, quando devo esprimere ciò che proprio non riesco a trattenere, senza curarmi delle conseguenze (di solito a discapito mio e della mia mancanza di diplomazia, ma in quel momento preferisco esternare tutto e stare bene), poi c’è il momento del “rimuginio”, di solito quando sono da sola e cammino su lunghi percorsi, sono i momenti di riflessione in cui pondero sul da farsi, mi guardo dentro e cerco di capire quale sia la scelta migliore che mi possa rendere serena (che poi già la conosco prima la mia scelta, ma un dialogo con se stessi è sempre doveroso per la propria coscienza) e alla fine c’è quella del silenzio, in cui mi tengo dentro le ferite, le offese e le ingiustizie, le stesse che danno il via al rimuginio di cui sopra e che solitamente portano alla chiusura di molte porte e all’altrettanta apertura di portoni immensi, perché sono fasi di crescita, perché ci sono molte persone che offendono senza comprendere che le parole feriscono, salvo poi presentarsi al tuo cospetto come se nulla fosse, senza comprendere che con le parole puoi cambiare la vita alle persone. Queste sono le fasi in cui i miei pensieri uccidono per sempre chi mi ha ferita, in cui nemmeno spreco il mio fiato per discuterci o per litigare, semplicemente tiro fuori il bilancino e valuto e il più delle volte taglio i ponti. E poi sto bene. Ecco per me cosa sono la comunicazione, la riflessione, l’analisi e la comprensione. Chissà il nostro cavolo viola che ne direbbe…
Francesca P.
25 Marzo 2018 at 18:53
Sono diretta quanto te, quando si tratta di dire qualcosa che preme, che è giusto non tenere in gola o che sento… a volte si paga il prezzo per la sincerità, si sa che la verità “scotta” e molti non vogliono vederla, ma le anime pure e schiette non saranno mai finte… e parleranno, se è necessario! Chi ama le parole e le rispetta, sa quando è il caso di farle uscire ma anche quando è meglio far silenzio… ma quel silenzio non è un vuoto, è solo un lasso di tempo senza rumore, per ri-ordinare le idee e prendersi una pausa… da tutto. Io sono molto incline alla riflessione e per riflettere, spesso, abbiamo bisogno proprio del silenzio intorno, per averlo dentro… tanto sappiamo che poi la voce tornerà! Ma con alcune persone, hai ragione, non va sprecata… più, nè ancora. Fasi di crescita e consapevolezza… e di libertà, quando sappiamo di navigare sulla stessa barca solo con la giusta ed essenziale compagnia… “e poi sto bene”, la sintesi del nostro interessante scambio è in questa frase! Noi paroliere sappiamo dilungarci amabilmente in chiacchiere, ma in effetti in alcuni casi basterebbe una sola riga… 😀 Il cavolo viola ci presta le sue foglie per scrivere o riposare…